Voci di dentro n. 34

In stampa e subito ora in rete il nuovo numero di Voci di dentro, 56 pagine. In primo piano il virus e questa “zona rossa” raccontata e vissuta dai detenuti delle carceri di Chieti e Pescara che seguono i laboratori dell’associazione. Ne parliamo in primo piano con gli scritti di Ennio, Maurizio, Claudio…

L’argomento del lockdown, della maschera, del sorriso sospeso è affrontato anche da diversi nostri commentatori (Spedicato, Di Profio, Ferrante, La Morgia, Giancristofaro, Della Penna) e da alcuni disegni di Cadica. Scrive il nostro Blasi: “…La zona rossa è un imbuto che essenzializza e decanta anche le convinzioni vigenti prima del passaggio della linea sottile, rossa appunto, che divide la libertà dalla prigionia. Essere pro o contro il lockdown, sinceramente pentiti e pronti alla redenzione o tracotanti di rabbia per una sentenza ingiusta, non fa alcuna differenza. In sospeso restano anche le ideologie preesistenti; pronte semmai a essere rispolverate e messe in moto quando la prigionia sarà finita. La zona rossa azzera, fa tabula rasa. E’ un inferno a un solo piano, possibilmente il più basso…”.

E così Luana Di Profio:  “Sono i giorni delle mie zone rosse, luoghi introspettivi dell’anima che richiamano I miei luoghi oscuri di James Ellroy, uno dei più grandi scrittori di genere noir viventi, un viaggio introspettivo all’interno delle zone oscure dell’anima, delle zone rosse che circoscrivono l’anima quando tutto fuori sembra sospeso in un asse spazio-temporale indefinito, sottratto, assente”.

All’interno della rivista l’inserto n. 5 di in carta libera, progetto finanziato dalla Regione Abruzzo, con gli scritti di Suela, Natale, Sefora, Marco e di altri. Grande attenzione ovviamente, e come sempre, al racconto, alla scrittura che libera, alle emozioni. E ai problemi del carcere e della giustizia a cominciare dai diritti violati. Nella speranza di un cambiamento. Scrive Ennio: “I problemi quando sono sociali (es. mancanza di lavoro) si affrontano attuando percorsi che possano dare speranza, fiducia, stimolo ad affrontare la durezza della vita che molto spesso non risparmia nessuno, e non acuendo le pene della detenzione”.

Chiude la rivista un testo di Maurizio: “Non so cosa vedete voi. Ma io dentro il carcere a Foggia vedevo solo paura. Ma non solo paura…ero terrorizzato. In Tv tutti i giorni a tutte le ore parlavano di morti, di ospedali pieni. E io non avevo notizie dei miei familiari. Solo. Dentro. Disperato. Quando ho visto la corsa dei miei compagni, mi sono accodato. E sono scappato. Ho girato da solo per le campagne, a piedi. E sono andato a casa dai miei. Due giorni dopo mi sono costituito in un carcere del nord. Mi hanno accompagnato in auto i miei parenti. Ora sono qui in carcere a Chieti. Fuori si parla solo di Covid. Io vedo solo paura e terrore”.

“L’estratto in quarta – mi scrive a caldo Stefano Pallotta, presidente dell’Ordine dei Giornalisti dell’Abruzzo –  dice tutto su quello che stanno vivendo i detenuti in questa dannazione che per loro diventa una bolgia infernale”.

(Francesco Lo Piccolo)

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