Terremoto dell’Aquila: “Dopo i luoghi pensiamo alla ricostruzione sociale”

Da www.ilgiornaledellaprotezionecivile.it

Passato

“La prima immagine che ho è quella di me sull’ambulanza, erano le 3 e 40”. Il terremoto dell’Aquila, avvenuto alle 3 e 32 di 10 anni fa, che ha causato la morte di 309 persone, è entrato così nella vita di Federico Morelli, 34 anni, presidente dell’Associazione Nazionale di Pubblica Assistenza (Anpas) di Civitella Roveto (AQ) e studente universitario nel capoluogo. La sua è stata la prima ambulanza ad arrivare alla Casa dello studente (quella dove quel giorno del 2009 hanno perso la vita 8 giovani).

“Siamo arrivati e ho visto l’edificio completamente distrutto e tutta la gente sfollata che stava lì davanti. C’era disorientamento – si ferma e sospira Federico -. Nel marasma generale non si capiva bene dove intervenire, siamo andati lì perché dalla radio erano state evidenziate delle criticità sulla Casa dello studente, ma il coordinamento non si era ancora costituito”. La confusione delle prime ore è grande ma fin dal primo minuto Federico ha la percezione delle dimensioni del disastro: “La grandezza si è capita subito, ovunque andassi c’erano zone dove si scavava sulle macerie, l’ospedale distrutto ed evacuato, le aree di attesa che si popolavano di tanta gente”.

Quel giorno Federico lavora ininterrottamente fino alle 11 di sera, aiuta la gente a coprirsi con coperte, assiste il primo estratto vivo dalle macerie dello studentato, prende parte all’evacuazione dell’Ospedale San Salvatore. I mesi successivi saranno concentrati sul lavoro nei due campi gestiti dai volontari di Anpas quello di Acquasanta e di Collebrincioni, dove, dice, “cercavamo di ripristinare la normalità nell’emergenza a partire dalle piccole cose: giochi, spazi per bambini, servizi, cucina”.

Presente

“È mancata la prevenzione in tutte quante le sue forme: dal singolo cittadino che non aveva sensibilità rispetto al rischio alle istituzioni che non erano pronte. L’immagine della Prefettura dell’Aquila crollata è emblematica” riflette a distanza di 10 anni Federico.

Dal punto di vista della ricostruzione invece secondo il volontario è mancata la “ricostruzione sociale”. “Da studente universitario ho visto un’attenzione alla ricostruzione dei luoghi delle varie facoltà e della didattica (ripartite due mesi dopo il sisma) ma poco interesse rispetto agli studenti come vittime del terremoto. La ricostruzione della comunità studentesca è stata lasciata al caso, non è stata fatta un’analisi di quello che è successo” dice parlando da un’aula dell’ateneo aquilano. Il pensiero va al compagno di facoltà inghiottito dalle macerie, un lutto che, come Federico, tanti altri giovani universitari hanno dovuto affrontare.

L’Aquila dal punto di vista operativo ha significato però anche un avanzamento nel campo della prevenzione: la campagna del dipartimento nazionale della Protezione Civile #Iononrischio, che ha coinvolto 900 piazze d’Italia, nasce infatti da un’idea che Anpas ha elaborato proprio a seguito del terremoto dell’Aquila. “Si è capito che la forza del volontariato doveva essere messa a disposizione delle persone anche fuori dall’emergenza. La prevenzione sta alla base della mitigazione del rischio” spiega Federico.

Futuro

Girando per il centro dell’Aquila il volontario ha la sensazione che sia ancora oggi un “enorme cantiere”. Ogni tanto però si respira una sensazione di rinascita: “Non so tra quanto si concluderà la ricostruzione posso dire che ogni volta che apre un’attività in centro si ripresenta la speranza che quel giorno non sia così lontano. È un tassello che serve per riavvicinarsi a quel momento”.

“Molto – continua Federico – dipenderà dalla gente: le istituzioni ricostruiscono i luoghi, la socialità la costruiscono le persone. Spero in una città ricostruita dal punto di vista sociale, mi immagino che L’Aquila diventi un laboratorio di riferimento per la prevenzione e la mitigazione del rischio”.